Sono molti i cantori e i suonatori rimasti nell’ombra della tradizione popolare di tutta Italia i cui nomi non ci sono noti, ma Antonio Piccininno come gli altri cantori di Carpino, Antonio Maccarone e lo scomparso Andrea Sacco, rappresenta una fortunata eccezione ed è riconosciuto come testimone di una forma musicale importante e rara, quella dei “sunètte”, che artisti come Eugenio Bennato e Teresa De Sio hanno voluto imparare e diffondere in tutto il mondo.
Piccëninnë, con le sue novantatre primavere, rappresenta, infatti, uno degli ultimi custodi della tradizione musicale garganica.
Pastore e contadino e soprattutto “cantatore” eccellente, Piccininno custodisce nella sua voce calda un bagaglio di antiche canzoni che tramanda alle nuove generazioni, così come egli le ha imparate, a suo tempo, dai pastori più grandi, facendo rivivere un mondo lontano ma non perduto nel quale il canto non era spettacolo ma necessità, la necessità di affermare l’ umanità di una vita spezzata dalla fatica del lavoro, e la musica scandiva le feste e i riti del calendario contadino esprimendo, attraverso le parole della tradizione, i sentimenti e le vicende di un’intera comunità.
Un mondo la cui intima poesia, viva ed autentica, si perpetua ancora nell’ interpretazione semplice e naturale dell’eterno Piccininno.