Una trasposizione cinematografica liberamente tratta dal racconto “Il terzo figlio” di Andrej P. Platonov., che affronta il tema della morte della civiltà contadina nell’Italia infelice e malinconica degli anni ottanta. Al centro vi è uno scontro generazionale e familiare tra i tre fratelli Giuranna che, dopo tanti anni, si ritrovano nel loro paese d’origine a causa del grave lutto che li ha colpiti, la morte della madre.
Da Altamura, un paese delle Murge, partono tre telegrammi “Mamma morta. Tuo padre”.
Tre età diverse, tre vite diverse, tre differenti posizioni sociali a confronto. Raffaele di 50 anni è giudice a Roma. Nicola ha 40 anni ed è operaio a Torino. Rocco ha 30 anni ed è insegnante a Napoli. Tre mestieri che per il regista raffigurano i tre malesseri italiani: il dramma dei magistrati, lo smarrimento dei giovani e l’angoscia del lavoro e della disoccupazione. Dopo una lunga notte di accese discussioni la mattina si svolgono i funerali. I tre fratelli ritornano alle proprie vite e il vecchio padre rimane solo nella sua casa con il ricordo più caro, quello della moglie, di cui ne conserva la fede.
Il caso Italia viene dunque raccontato attraverso una delle tante famiglie del Sud, viene analizzato non dall’esterno, ma dal di dentro, in una direzione che va dal privato al pubblico.
Un Rosi intimista, introspettivo che non rinuncia all’impegno civile e politico di denuncia dei mali del caso italiano di quegli anni: il dilagare della criminalità, il disagio giovanile, la disgregazione familiare, le tensioni sindacali, le certezze perdute.
Il film girato in Puglia e in Basilicata vanta un grande cast : Michele Placido, Philippe Noiret, Vittorio Mezzogiorno e un ottimo e commovente Charles Navel che interpreta Donato Giuranna, l’anziano padre di famiglia.
Nel film troviamo Matera, la chiesa del convento di Miglionico in cui Vittorio Mezzogiorno suona il pianoforte, la spiaggia di Quarantotto sulla costa ionica in territorio di Pisticci ed alcune riprese della Basentana all'altezza di Campomaggiore.
Ben accolto dalla critica, a Rosi va il merito di aver fatto un film contemporaneo degli anni ottanta. Numerosi i premi ricevuti: quattro David di Donatello, miglior regista, miglior attore non protagonista (Charles Vanel), migliore sceneggiatura (Francesco Rosi e Tonino Guerra) e migliore direttore della fotografia (Pasqualino De Santis). Fu, inoltre, candidato agli Oscar come miglior film straniero.
di Mariapina Fortuna