In un mondo in rapida trasformazione, la scuola deve mettere gli alunni nelle condizioni di inserirsi attivamente nei cambiamenti scientifici, tecnologici, sociali ed economici. In questa prospettiva, la scuola deve divenire scuola laboratorio: un luogo in cui gli allievi possono svolgere esperienze formative atte ad acquisire le conoscenze del tempo, un luogo in cui si possa partecipare attivamente alla vita sociale vestendosi di responsabilità e attivando iniziative sempre più complesse ed impegnative. È questo il contesto in cui l’insegnante non sarà solo trasmettitore di informazioni, ma supporto e guida per i ragazzi ad esercitare la loro capacità di scelta, di decisione e di iniziativa.
Questa per grandi linee la concezione pedagogica di Dewey in Democracy and Education del 1917 e che ad oggi trova una sua valida collocazione in funzione di una rinnovata concezione della didattica dell’insegnamento. Sicuramente le idee del pedagogista americano esercitano tutt’oggi una forte influenza nell’ambito di una rinnovata didattica a partire proprio dal concetto della motivazione.
Anche lo psicologo americano Bruner parte dal concetto di motivazione facendo uno specifico riferimento alle motivazioni intrinseche. La più singolare caratteristica umana è l'attitudine ad apprendere. L'apprendere è cosi profondamente insito nell'uomo, da essere quasi involontario, ed alcuni studiosi del comportamento umano hanno perfino sostenuto che la peculiarità della nostra specie è una particolare attitudine ad apprendere.
I bambini nascono naturalmente motivati ad apprendere. Le motivazioni intrinseche sono: la curiosità, il desiderio di competenza, il bisogno di identificazione, la motivazione della reciprocità. La curiosità è sicuramente la motivazione più importante e significativa nel processo di apprendimento.
Fin quando sarà possibile fare affidamento su questa importante motivazione umana, che si presenta come la più efficace e più sicura di tutte, sembra ovvio che la nostra istruzione artificiale possa essere resa meno artificiale, dal punto di vista delle motivazioni, impostandola in un primo tempo su forme più superficiali della curiosità e dell’attenzione e, successivamente, portando la curiosità a una espressione più sottile e più attiva.
Si tratta dunque di fare affidamento soprattutto sulla innata curiosità degli alunni, alimentandola e non spegnendola. Ecco i criteri fondamentali che gli insegnanti dovrebbero tenere presenti: non fare nulla che possa distruggere la curiosità e fare tutto quello che può alimentarla.
di Elena Ruggieri
Bibliografia
Bruner J. S., Verso una teoria dell’istruzione, Armando, Roma, 1967.
“La gioia e gusto di imparare: la motivazione ad apprendere”, in RIVISTA DIGITALE DELLA DIDATTICA: www.rivistadidattica.com