Inaugurato nel 1976 il museo è diviso in tre sale. La prima presenta reperti di epoca preistorica come pugnali, macine di pietra e ceramiche decorate, rinvenute in diverse tombe presenti nelle zone circostanti, oltre a materiali dell'età del bronzo, provenienti dal villaggio di Toppo d'Aguzzo. La seconda contiene corredi funebri ritrovati in alcune tombe principesche, tra cui ambre figurate, fibule d'argento, rocchetti d'oro, bicchieri d'argento, armi bronzee e in ferro e vasellame d'argilla e bronzo. La terza sala infine, espone reperti rinvenuti nelle località di Lavello e Banzi, con materiale appartenente al neolitico, all'età del bronzo e all'età del ferro. La documentazione più consistente parte dal periodo che va dal VII secolo avanti Cristo fino alla conquista romana. Al cosiddetto periodo arcaico (VII-VI secolo a. C.) sono da riferire i corredi funerari sia maschili che femminili, quali armi, ornamenti e utensili di vita quotidiana. I reperti dal V a.C. secolo mostrano maggiormente l’influenza greca che investì allora l’area dell’odierno vulture-melfese.
I ritrovamenti, datati dal V al III secolo a. C., documentano la successiva presenza sannita nella zona. Mentre per quanto riguarda l'epoca romana, il museo presenta uno splendido monumento funerario risalente alla seconda metà del II secolo d. C., rinvenuto nel 1856 nella villa romana di Albero in Piano, lungo il percorso dell'antica via Appia nei pressi di Rapolla. Si tratta appunto del famoso “Sarcofago di Rapolla”, un meraviglioso capolavoro realizzato da abili artisti dell'Asia Minore. Si sostiene che il monumento funerario appartenga ad Emilia Scaura (figlia del patrizio romano Marco Emilio Scauro e della sua seconda moglie Cecilia Metella Dalmatica), morta di parto poco dopo il secondo matrimonio. In ogni modo sul coperchio del mausoleo è raffigurata la defunta dormiente, mentre le lastre del sarcofago rappresentano dei ed eroi romani, probabilmente in riferimento alla famiglia aristocratica a cui apparteneva la donna. Infine un’altra bellezza del museo è rappresentata da una sala dedicata alla collezione artistica del genovese Andrea Doria (e dei sui successori), nominato signore di Melfi nel 1531 dal sovrano aragonese Carlo V, che nel castello fece importare da Genova i suoi dipinti per arredamento, raffiguranti soggetti sacri, allegorie, ritratti di principi, scene di battaglia, paesaggi e fiori.
Lo spazio, sito al primo piano del castello, fu utilizzato dai principi Doria per brevi soggiorni stagionali in occasione delle battute di caccia e oggi conserva una serie di 15 tele con soggetti venatori, un nucleo di opere di soggetto sacro, pochi pezzi di arredamento e un bellissimo telero raffigurante lo stato di Melfi.
Nicola Ditommaso