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La cattedrale di Acerenza: un gioiello fra le nuvole

Scritto da Nicola Ditommaso

Dedicata a Santa Maria Assunta e San Canio vescovo, la cattedrale e duomo di Acerenza fu edificata tra l'XI e il XII secolo ad opera dei signori normanni sui resti di una precedente chiesa paleocristiana (che a sua volta fu eretta su ciò che rimaneva di un antico tempio d’epoca romana dedicato ad Ercole Acheruntino).

La tradizione vuole che la diocesi di Acerenza fu fondata durante il pontificato di papa Marcellino (296-304), ma è chiaramente con la conquista Normanna nella metà dell’XI secolo che la diocesi acquisì importanza con l’elevazione ad arcidiocesi metropolitana.

La costruzione cominciò nel 1059 sotto il vescovo Godano, ma proseguirono e terminarono con il suo successore Arnoldo (1067), abate del monastero benedettino di Cluny, che grazie a maestranze francesi, messe a disposizione dai Normanni stessi, in primis Roberto il Guiscardo, ultimò l’opera.

La consacrazione della chiesa è datata al 1080 ma il sisma del 1456 provocò gravi danni al monumento che a causa della frequente assenza degli Arcivescovi, visse un lungo periodo di abbandono. Solo nel 1524 la Contessa Maria Balsa, moglie del Conte di Acerenza Giacomo Alfonso Ferrillo, finanziò il restauro completo della cattedrale. Nel 1555, come si può leggere da un’iscrizione murata nella torre: “Ioannes Michael Saracenus SS R E Presb. Card. Archiep. Acherentin. erexit. MDLV” il cardinale Michelangelo Saracino, arcivescovo della cittadina, fece ricostruire la torre campanaria destra, in stile rinascimentale dal Mastro Pietro da Muro Lucano. La datazione della cattedrale ci è confermata anche dalla struttura architettonica dell'abside a deambulatorio con absidiole radiali, secondo uno stile di derivazione settentrionale che in Italia troviamo ad Aversa, Venosa e nell'abbazia di Sant'Antimo in Toscana.

La pianta dell'edificio pertanto è a croce latina e mostra stringenti rapporti con l'abbaziale Incompiuta venosina, mentre per quanto riguarda l'interno, questo è diviso in tre navate coperte da un tetto a capriate sorretto da dieci grossi pilastri sormontati da archi con ghiera. Preceduto da un protiro, che richiama motivi pugliesi, il portale della facciata mostra un archivolto interno decorato da tralci vegetali a girali, all'interno dei quali si muovono figure umane e grifoni di fantasia.

Dell'archivolto del protiro invece rimangono solo i primi due conci raffiguranti angeli posti su mensole che mostrano figure virili con teste protese verso l'esterno. I capitelli sono composti da motivi vegetali con volti umani che spuntano tra le foglie e le colonne poggiano su gruppi di uomini e mostri avvinghiati sorretti da mensole. Lo stile romanico possente infine denota chiaramente il sogno di conquista normanno che si stava compiendo proprio in quegli anni.

di Nicola Ditommaso

 


 

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