Cavalcando in discesa la Montagna Grande di Viggiano domenica 5 settembre, immersi tra le genti lucane, nell’autenticità della tradizione religiosa secolare, ci siamo imbattuti in gruppi di persone provenienti da tutta Italia. Con “Al Parco” in mano abbiamo cercato di dare loro il benvenuto nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano indicandogli tutte le montagne visibili da quel punto: Raparo, Alpi, Sirino e Papa, Cervati, Alburni, Pierfaone, Arioso, Volturino.
Tutto procedeva alla grande fino a quando abbiamo cercato di dare il nostro giornale a un gruppo di persone sedute su un guard rail. Dopo aver visto di cosa si trattava si sono rifiutati di prendere il giornale. Abbiamo subito chiesto: <<perché?>> E loro di rimando: << Perché?!? … ma quale parco e parco…le vedi quelle trivelle? – indicando l’alta struttura di un pozzo che usciva fuori tra gli alberi - Lì non è Parco lo sai? E lo vedi quel pezzo di bosco 500m più sotto? Lo vedi? Quello è il mio, è un investimento fatto con anni di sacrificio da mio nonno e da mio padre. Tagliavamo un poco di legna all’anno nel rispetto delle regole e dell’ambiente e avevamo un reddito fisso grazie a questa attività. Lo sai che dall’oggi al domani non possiamo più tagliare niente? A pochi passi possono fare un buco di 3000 metri per tirare fuori petrolio e lì non è Parco. Poco più sotto è Parco e io non posso più tagliare la legna come hanno fatto mio padre e mio nonno per 50 anni. Io tra Parco e petrolio scelgo il petrolio>>. La discussione a questo punto si è animata molto. La processione è ripartita e il gruppetto si è perso tra i fedeli. Sulla strada per Viggiano ho pensato che per vincere la sfida del futuro di questa area bisogna saper ascoltare anche queste voci e fare di tutto perché inizino a voler bene al Parco dell’Appennino Lucano. Quel bosco può portare reddito anche in altri modi: bisogna avere coraggio e accettare la sfida.