Uno dei rischi nell’esprimere il proprio punto di vista contrario su una questione delicata come quella dell’installazione selvaggia di mega-impianti fotovoltaici sul territorio regionale è di essere accusati di soffrire della sindrome Nimby. Cosa è questa nuova malattia? Nimby è l’acronimo inglese di Not In My Back Yard, tradotto in “Non nel mio cortile”. E’ accusato di questa sindrome chi è favorevole in linea teorica a qualcosa, di solito opere di interesse pubblico, ma si oppone se le stesse vengono realizzate nel proprio territorio.
A Satriano di Lucania recentemente c’è stata un’invasione di impianti fotovoltaici non integrati installati a terra su ettari e ettari di terreni agricoli. Ce ne sono alcuni, enormi, realizzati a 350 metri dal centro abitato (provate a fare un giro nelle vicinanze del campo sportivo). Il risultato è indecente. Il paesaggio è deturpato per decenni. La notte è illuminata a giorno: un’alta percentuale dell’energia prodotta da queste cellule fotovoltaiche viene utilizzata per sorvegliare la struttura e bye, bye stelle! Uno dei tratti distintivi di un piccolo paese montano distante dai grossi centri urbani è perduto per sempre (20 anni almeno). La maggior parte degli abitanti di Satriano, che oggi si dice contraria allo scempio paesaggistico avvenuto in silenzio nel giro di poche settimane, avrebbe ceduto volentieri qualche ettaro esposto a sud alla causa ambientalista: 10.000 euro all’anno per venti anni per affittare pochi ettari di un terreno incolto e mai utilizzato! Chi direbbe di no?
Non siamo contrari alle energie rinnovabili, anzi. Chi vi scrive produce energia con il proprio tetto grazie ad un impianto fotovoltaico di 3kw/h. Non siamo contrari nemmeno alla realizzazione di mega-impianti sul suolo di Satriano, ma alcune considerazioni vanno fatte: non si possono installare a 350 metri dal centro abitato; si scelgano le aree dove l’impatto è più basso senza aspettare che siano i privati a decidere dove e quando colonizzare; ci vuole un limite alla potenza installabile in ogni singolo comune in base alla sua superficie, di questo passo ci ritroveremo sommersi dal silicio; se è vero che i terreni sono privati e ognuno ci fa quello che vuole è altrettanto vero che l’integrità paesaggistica appartiene alla collettività, a maggior ragione in un paese che ha scelto di far parte di un Parco Nazionale. E poi ci chiediamo: perchè non sono i Comuni a investire direttamente nell’energia rinnovabile producendola con l’obiettivo di diventare autosufficienti? Saremmo tutti più disposti a sopportare un mega-impianto se i benefici sono distribuiti a tutta la comunità. E poi, non basta tappezzare l’Italia di fotovoltaico ed eolico se di pari passo non viene abbandonata la produzione di energia da combustibile fossile. A pochi chilometri, nello stesso comune, nel perimetro del Parco Nazionale dell’Appenno Lucano se vuoi recintare la tua casa devi sottostare a una disciplina precisa, non puoi fare come ti pare, bisogna mantenere l’integrità del paesaggio! Finiti i lavori vai sul balcone per dare un’occhiata dall’alto. Tutto è uscito bene, sei soddisfatto, hai speso qualcosa in più e hai dovuto seguire una prassi burocratica noiosa ma il paesaggio è conservato e il tutto si integra alla perfezione con la natura circostante. Poi alzi lo sguardo verso la collina della Torre di Satriano (dove vogliono fare una discarica) e noti queste enormi macchie blu, sono pannelli fotovoltaici a metà strada tra un’area archeologica e un Parco Nazionale, guardi più in giù verso Satriano e noti due enormi macchie blu a pochi metri dal centro abitato. C’è qualcosa che non torna. La contraddizione è lampante.
Ma lo vogliono tutelare o no questo paesaggio? Le multinazionali hanno le porte aperte ($) come sempre e i piccoli cittadini continueranno a fare anticamera e a trovare le porte chiuse come sempre. Qualcosa deve cambiare. Uagliù, diamoci una mossa!