Dal grande palco, montato proprio di fronte al palazzo della Giunta Regionale, sono stati letti i nomi dei circa 900 morti per mafia, in un alternarsi di voci di rappresentanti delle associazioni e delle istituzioni: tra i tanti nomi quelli di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ma anche di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, i due giornalisti uccisi in Somalia. Due facce delle tante facce della mafia: quella violenta che spara, quella dei boss che controllano i territori e quella silente e raffinata: del potere politico, finanziario ed economico che ha le mani su questo paese.
E’ stato emozionante ascoltare le parole di Luigi Ciotti quando ha chiaramente denunciato la mafia che non si racconta nei discorsi istituzionali e nei telegiornali: quella mafia che non spara e non uccide con i proiettili o con le bombe; quella cultura mafiosa che fa morire lentamente la dignità e la libertà delle persone, che decide ogni giorno come dobbiamo lavorare, pensare, respirare, vivere, morire.
Don Ciotti ha citato una frase di Falcone, che ammoniva a non curare solo una stanza tralasciando il resto del palazzo. Sembrava parlasse, in maniera meno figurata, della città di Potenza, dove la “borghesia mafiosa” di palazzi ne ha costruiti tanti; forse perché ciascuno di noi ha voluto guardare e curare in questi anni solo la sua stanza: palazzi sempre più alti, sempre più addensati, sempre più tetri. E questa città di strade e palazzi di cemento, senza percorsi pedonali, senza verde, senza piazze, senza luoghi sociali, senz’aria, l’hanno respirata tutti i 50.000 che hanno percorso, pur senza la presenza assordante delle auto, lo squallore dei quartieri del Serpentone, di Poggio Tre Galli, del Centro degli Uffici Regionali, di via del Gallitello: un susseguirsi di distese orizzontali e di masse verticali di cemento, senz’anima e senza senso.
C’è una mafia che non spara proiettili ma ti uccide dentro, rende senza speranza i pensieri e i sogni e impotenti le azioni, e ti costruisce intorno un ambiente soffocante, trasformando i cittadini in sudditi passivi e timorosi, consumatori abulici, egoisti e apatici: passivamente sottomessi al potere e alla cultura mafiosi.
Ho ascoltato con commozione i nomi delle persone uccise per mafia, letti dal Sindaco di Potenza e dal Presidente della Regione! Perché spero che questo gesto possa farci costruire insieme un futuro diverso, per questa città e per questa regione; un futuro: dove non ci siano più multinazionali del petrolio e dei rifiuti a impadronirsi delle terre e trasformarle in merce da depredare, perforare, inquinare, saccheggiare, avvelenare; dove non ci siano più grandi industrie come la Fiat a far man bassa di finanziamenti pubblici per poi abbandonare la nostra gente nella miseria e nella disoccupazione e la terra che li ha ospitati in un luogo di veleni.
Sabato è stato emozionante veder sfilare le istituzioni insieme a noi per urlare un desiderio comune di “Verità e Giustizia”; ma non può esistere “Verità e Giustizia”, come ci ha ricordato Luigi Ciotti, se non esistono classi politiche e dirigenti al servizio dei beni comuni e del bene comune, piuttosto che sottoposti ai poteri economici, che siano locali o trasnazionali; e se non esiste la libertà e la democrazia, cioè la possibilità dei cittadini di partecipare alle scelte e alla libera informazione, di esercitare libero pensiero e azioni critiche.
Questa giornata sarà utile, per questa regione e per l’Italia, se non si fermerà alla celebrazione e alla memoria, ma se ad esse seguirà un cambiamento sostanziale delle politiche sul territorio: a cominciare dalla cura e dalla tutela dei beni comuni come l’acqua, che è un bene inalienabile dell’umanità e che alcuni criminali stanno tentando di privatizzare, per trasformarla in merce da cui trarre profitti (in verità lo hanno già cominciato a fare con il trucco delle acque minerali).
Questa giornata avrà un senso se, a seguito delle cerimonie per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, caratterizzate soprattutto da una vuota retorica (con il solito sfoggio di parate e cortei militari) e dalla celebrazione dell’”Italianità”, potremo affermare che non ci riconosciamo in chi pensa a una nazione fondata sullo svuotamento della costituzione, sulla negazione della democrazia - quella vera -, sulla violazione della dignità umana e di tutte le forme viventi animate e inanimate; sulla mercificazione criminale dei diritti, dei beni comuni e naturali, sul razzismo e sulla guerra, dove va inclusa anche l’irresponsabile opzione per l’energia nucleare, che è sempre intimamente legata alla produzione di armi nucleari distruttive.
Questa giornata infine avrà un futuro se tutti avremo coscienza che “appartenenza e obbedienza” sono i requisiti con cui ancora oggi si sceglie una classe politica e dirigente: gli stessi con cui ci si assicura la scalata nelle gerarchie mafiose.
“Verità e Giustizia”!