Le indagini hanno mostrato come, prima della deduzione di Grumentum, la Val d'Agri fosse già stata oggetto di frequentazioni nelle zone immediatamente prossime al fiume Agri.
La ricerca a Viggiano ha restituito resti di strutture e reperti riguardanti diversi periodi storici. Per la fase preistorica sono stati individuati siti da connettere con gli spostamenti dovuti alla transumanza del bestiame, come insediamenti costituiti dai resti di capanne circondate da fossati, che fanno pensare a villaggi stabili a vocazione agricolo-pastorale, e necropoli con oggetti di corredo inquadrabili nell'età del Bronzo.
Nell'età classica si registra una fitta rete di fattorie su entrambi i versanti dell'Agri, e ricollegabili allo sfruttamento intensivo del territorio, e gruppi di sepolture pertinenti a tali impianti. Ad un edificio monumentale di età lucana si riferiscono i resti in località Masseria Nigro, in cui sono stati ritrovati vasi per olii e unguenti e piatti per offerte di semi e cibi solidi che rimandano ai sacrifici non cruenti di tipo greco, oltre ad un pozzo monumentale e una fornace per la produzione di tegole e vasellame. Infine è stata individuata una necropoli, in località Catacombelle, che ha restituito, nella sola trincea di scavo Eni, circa un centinaio di sepolture a fossa semplice, con corredi femminili e maschili tipicamente lucani.
Anche la cultura romana ha attecchito nel territorio di Viggiano, come dimostra una fattoria romana in loc. S. Giovanni e la documentazione epigrafica rinvenuta.
La realtà archeologica di Viggiano mostra una continuità di frequentazione del territorio già a partire dalla Preistoria ed evidenzia il valore che esso rivestiva nell'antichità, al crocevia di un importante nodo stradale.