L’Archeologia Industriale parte dallo studio dei resti materiali dell’industrializzazione e ricostruisce la fisionomia del territorio e la sua storia, accrescendo la conoscenza della sua cultura e della sua civiltà.
A Viggiano, tuttora si conservano testimonianze di archeologia industriale legate all'attività di molitura del grano, frantumazione delle olive e produzione di laterizi.
Riguardo alla molitura del grano è attestata una vera e propria rete industriale di 10 mulini ad acqua siti lungo il torrente Alli. Tra i più interessanti si ricordano: il mulino Spolidoro, datato al 1860, il più moderno strutturalmente per la presenza della ruota verticale; il mulino del Principe, il più imponente del sistema; il mulino dei marchesi San Felice, nei pressi del quale è stata rinvenuta una stele funeraria del II sec. d. C. che testimonia la pratica della molitura del grano nella zona fin dall'antichità.
Sono inoltre presenti i resti di due frantoi utilizzati per la produzione dell'olio: uno in pietra della fine del '700 e attivo fino al 1929, e un altro, più moderno, nel centro storico del paese, di proprietà della famiglia De Blasiis, attivo fino al 1978.
Sulle sponde del torrente Casale infine sono presenti i resti di una fornace per la produzione di laterizi, inaccessibile per la folta vegetazione, che rientra in un progetto di riqualificazione per restituire alla struttura l'originaria destinazione d'uso. La fornace apparteneva alla famiglia Gregoriano, nota nel paese col soprannome di "fornaciari", che ne gestiva la produzione e, secondo le testimonianze, sono ancora visibili i forni per la cottura dei laterizi e gli stampi.
Tali esempi evidenziano aspetti della cultura materiale con un enorme potenziale per il recupero del legame tra territorio ed industria. Interessante a tal proposito è la proposta di creare un ecomuseo per la valorizzazione di queste strutture produttive, considerato il crescente ruolo che riveste attualmente il cosiddetto "turismo industriale-rurale".