“È andando in bicicletta che impari meglio i contorni di un paese, perché devi sudare sulle colline e andare giù a ruota libera nelle discese. In questo modo te le ricordi come sono veramente, mentre in automobile ti restano impresse solo le colline più alte, e non hai un ricordo tanto accurato del paese che hai attraversato in macchina come ce l'hai passandoci in bicicletta”.
Ernest Hemingway.
Fino a questo momento la tappa più bella. Un’oasi di pace e di verde. Un piccolo paradiso dei cicloturisti: una lunga e sottile striscia di asfalto che attraversa pascoli, boschi e piccoli centri.
Ogni mattina prima di partire ci guardiamo negli occhi e ci diamo il 5. Ci carichiamo. Siamo leggeri come la paglia che i contadini austriaci stanno raccogliendo. Abbiamo lasciato il lavoro per inseguire l’istinto nomade. Ogni giorno “le cose da fare” aumentano ma il viaggio, la bici e la strada vengono prima. Emanuele fa la strada, va avanti. Segue il percorso sull’App Ride with GPS, parla a telefono (con gli auricolari), tira il gruppo. Rocco gli sta dietro, lo sfotte ogni volta che sbaglia strada, l’App ci mette qualche secondo ad aggiornarsi e ogni tanto finiamo al lato sbagliato. La gestione del dolore è una delle parti più impegnative della giornata soprattutto a livello mentale. E’ una questione di testa: ci sono momenti in cui non ti va più di pedalare. Dopo cinque ore in bici l’idea di doverne fare altre due può stenderti. Basta un pensiero, una risata, una canzone cantata ad alta voce e si ritorna a essere leggeri e veloci. L’immagine della doccia o della cena o del letto che troveremo a fine percorso sono le più utilizzate per andare avanti, per continuare a pedalare, per superare la salita o un lunghissimo rettilineo che sembra non finire mai. Anche le ricompense servono: <<tra mezz’ora ci fermiamo e mangiamo una mela>> e quei trenta minuti volano. <<Al prossimo paese prendiamo un gelato>> e siamo già lì.
La soglia di sopportazione del dolore ai glutei è aumentata. Ora riusciamo a fare 80 km senza problemi. Verso i 100km iniziamo a muoverci sempre più spesso sul sellino nella speranza di trovare una posiziona antalgica per poter pedalare senza soffrire.
Già dopo il primo giorno di marcia avevamo la sensazione che fosse passato un mese dalla partenza invece erano trascorse solo poche ore. A metà viaggio la sensazione si è invertita: tutto ci sembrava vicino come se fosse successo pochi secondi prima. Una volta sconfinati è tornata la percenzione del tempo che vola. Gli incontri, le parole dette, i paesaggi fotografati in testa, gli incroci, i cicloturisti, le stanze degli alberghi, i semafori, le vacche, le staccionate, i cartelli stradali: ogni giorno centinaia di nuovi stimoli e ricordi da metabolizzare. E’ difficile tracciare una linea temporale alla quale accostare tutte queste esperienze.
<<Quella bella discesa l’abbiamo fatto ieri?>>
<<Non mi ricordo, aspetta, noooo, tre giorni fa!>>