La sveglia per molti è alle 5:00. L'appuntamento infatti è alle 6:30 in località Costara a Sasso di Castalda. Il gruppo è formato da persone che arrivano da Potenza, Pignola, Savoia, Tito e Satriano. Stringiamo la mano a chi non conosciamo e abbracciamo i vecchi amici.
Alle 7:00 dopo la foto di rito (rigorosamente con le "mani in alto") si parte!
Siamo in tutto una ventina. Il numero perfetto scopriremo più tardi. Gli zaini sono carichi ma ancora non pesano. Dentro ci sono panini, salsiccia, formaggio, sacco a pelo, acqua, maglie e qualche litro di vino. Qualcuno s'è portato pure la tenda.
Dalla fontana imbocchiamo per un tratto il sentiero Frassati. Usciti dal bosco (foto di Giuseppe Monaco)
sulla destra si apre una finestra straordinaria sul Parco Nazionale dell'Appennino Lucano. (foto di Angela Fuggetta)
E' solo un assaggio dello scenario che ci aspetta lungo il tragitto. Mentre riscaldiamo i muscoli iniziamo a conoscerci e capiamo subito che non saremo da soli: incontreremo centinaia di cavalli e vacche podoliche allo stato brado che scelgono i posti più panoramici per pascolare!
Foto di Francesco D'Andrea
Dopo circa un'ora e mezza raggiungiamo senza difficoltà il rifugio Fontana delle Brecce nel territorio di Marsico Nuovo.
Leonardo e Francesca ci aspettano così!
Colazione offerta per i pellegrini. Mettiamo a posto lo stomaco caricandoci di energia con frittata di cipolla e un bel bicchiere di vino rosso a stemprare l'animo! Che bella accoglienza e che atmosfera si respira. L'aria è fresca e regna il silenzio. Mezz'ora e si riparte, la strada è ancora lunga.
Ci buttiamo ancora nel bosco in direzione Serra di Calvello e Monte Calveluzzo. Si inizia a salire seriamente. Facciamo una piccola sosta poco prima della radura (foto di Francesco D'Andrea)
poi è uno spettacolo unico camminare sui crinali della colonna vertebrale del Parco dell'Appennino Lucano:
alle spalle il Monte Pierfaone e di fronte il Volturino, la Montagna Grande di Viggiano ancora non si vede!
Io guardando giù ho l'impressione di poter accarezzare le chiome degli alberi. Fare mio il paesaggio con lo sguardo. Qui si vola, (foto di Giuseppe Monaco)
la stanchezza ancora non esiste e puntiamo dritto al Calvelluzzo (1699 m) nonostante il sentiero passi poco sotto la cima, tutti, lasciato lo zaino, vogliono prendere la vetta.
Le foto si sprecano. Siamo in uno di quei posti dove è praticamente impossibile fare uno scatto sbagliato.
Ricompattato il gruppo inizia una discesa verticale, ripida e morbida tra le foglie e la terra smossa del bosco. (foto Giuseppe Monaco)
<<Cavolo quanto stiamo scendendo – sibila qualcuno – vuol dire che dovremo risalire!>>. Eh, già!
L'ora di pranzo di avvicina e i panini stanno bussando dallo zaino. Alle 13:30 circa siamo al Rifugio Romanelli. Oh, c'era un tavolo riservato proprio per noi! Ci entriamo giusti giusti. (foto Francesco D'Andrea)
Meritato riposo e ristoro. Ci sta bene anche un bicchiere di vino nonostante Raffaele
non la pensi esattamente come Lorenzo.
Secondo me è l'età!
I due iniziano a stuzzicarsi e non la finiranno più fino al saluto finale. Che spasso.
<<Se bevi il vino non sali, non mangiare troppo>> affonda Raffaele con l'inconfondibile parlata titese.
<<Senza vino non si va da nessuna parte!>> e giù un sorso di Lorenzo.
L'anno prossimo abbiamo deciso che chi vuole unirsi al gruppo DEVE portare in borsa almeno un litro di vino, perchè? Perchè abbiamo calcolato che facciamo i 23km al litro e ognuno deve avere il suo carburante! (foto Francesco D'Andrea)
Si sa dopo pranzo è difficile riprendere ma ci aspettano ancora tanti passi. Ormai abbiamo tutti attivato il pilota automatico: le gambe vanno da sole incuranti delle bolle che vogliono spuntare sui piedi. Riempiamo le borracce all'ultima fontana prima del Santuario, che ancora non si vede.
Subito dopo siamo sul sentiero CAI ripulito dalla squadra forestale della comunità montana Alto Agri attivata grazie all'interessamento dell'assessore Milano, del comune di Marsicovetere, che si è impegnato per farci trovare libero il passaggio. Grazie di cuore.
Costeggiamo a mezza altezza il Volturino.
All'improvviso si intravede il quadrivio e, subito dietro, le rocce del Monte di Viggiano. La meta... eccola!
I primi segni di cedimento arrivano quando il sentiero sale dritto per dritto giocando seriamente con il dislivello. Nella salita Davide decide di caricare il fardello che ha sulle spalle di altri due o tre chili e inizia a trasportare questo: (foto Francesco D'Andrea)
eh si, ce l'aveva anche durante la processione il giorno dopo mentre ballava con i cinti! (foto Caterina Dentato)
Dopo lo strappo si torna a camminare senza forti pendenze fino al quadrivio dove facciamo una sosta (foto Felice Lapertosa)
nel prato inglese tosato da un paio di cavalli. (foto Giuseppe Monaco)
Siamo sotto la Montagna di Viggiano. Ora, se guardiamo indietro, non si vedono più le montagne da dove siamo partiti.
Io, così, inizio a pensare che a piedi si arriva nei posti. Veramente, passo dopo passo si arriva! Per questa grande scoperta ancora mi prendono in giro. Ma è stata una folgorazione.
L'allegria, nonostante la fatica, è alimentata da Davide e Lorenzo che non smettono di farci ridere.
Donatello ci avverte: dopo circa venticinque chilometri ci aspetta la parte più dura. Io non voglio crederci, sono convinto che alla vista del santuario ci passerà tutto.
Iniziamo l'ascesa e il gruppo si sfalda un poco. Durante le soste continue
aspettiamo chi va con un passo più lento, dobbiamo arrivare insieme! Si sale e si sale (foto Giuseppe Monaco)
tra podoliche e cavalli e pietre e prati e il santuario non si vede. <<Arriviamo dietro quel punto e si vede, vero?>>.
No, il santuario non si vede. Il sole decide di farci un regalo e pochi minuti prima del tramonto
si divincola dalle nuvole
appena in tempo per colorarci di rosso.
La salita spezza le gambe. Un torello sta fermo sopra il cucuzzolo di una piccola collina (lo vedete? Guardate bene che c'è)
Ci passiamo sotto e l'osserviamo. Cosa ci fa in quel posto? All'improvviso inizia correre in discesa e punta su di noi che stiamo passando proprio li sotto. Ho l'impressione che possa spezzarsi le gambe su una roccia tanto di corsa l'ha presa. Invece va giù che è una meraviglia e frena quando raggiunge il resto della mandria. Lorenzo ha il cuore il gola, gli è passato a meno di due metri.
Il sole è tramontato e la spedizione sale lenta ma manca poco. Ci tiriamo su urlando “Evviva Maria”. Non stiamo più camminando, stiamo scalando.
Poi quando pensi che forse arriveremo con il buio, che dobbiamo scendere a dare una mano a chi non ce la fa, da dietro un masso esce il santuario! Che non sembra lui perchè arriviamo dall'altra parte, dalle rocce, dai dirupi.
Ma è lui, è la meta! (meta, come piace ai tre amici rugbisti che erano con noi!).
La foto di Angela è sfocata per la stanchezza e perchè a questo punto davvero sembra un miraggio!
“Evviva Maria” sempre più forte, devono sentire anche quelli che stanno ancora salendo.
Alle 20:00 eccoci al Santuario. Siamo pronti per fare i tre giri ma i lavori in corso ce lo impediscono. Andiamo a cercare Vincenzo, il custode. Lo abbiamo avvertito che saremmo arrivati e che avremmo avuto bisogno di un posto dove dormire. Ci dice di andare al Belvedere, sotto il rifugio dei pellegrini, lì c'è una stanza dove possiamo stendere i sacchi a pelo e riposare. La Chiesa è stracolma, non proviamo nemmeno ad entrare, c'è tempo per salutare la Madonna. Organizziamo la cena condividendo tutto quello che abbiamo. (foto Giuseppe Monaco)
Anche gli ultimi due litri di vino arrivati fin qui. Con sfrontatezza chiedo al signore seduto al tavolo a fianco se gentilmente ha un po' di vino da offrirci. “Come no!” e mi riempie il bicchiere. Quando torno per il bis, pochi minuti dopo, iniziamo a chiacchierare e scopro che Pasquale è il custode e il priore del santuario di Santa Maria della Neve del Cervati nel Parco del Cilento (http://www.youtube.com/watch?v=gzBujJxCJVg). Mi racconta la loro tradizione, l'arciconfraternita che gestisce il santuario e organizza la festa e le processioni in discesa e (di corsa) in salita, da più di mille anni. Mi invita a fargli visita, la cappella ora è aperta le domeniche fino alla seconda settimana di Ottobre. Ci andremo! Nella foto quando lo incontro il giorno dopo.
Dopo la cena buona parte del gruppo va a prendersi un meritato riposo. Qualche folle invece decide di scendere giù dove arrivano le navette. Non sono bastati i chilometri fatti, oramai il pilota automatico è inserito e le gambe vanno da sole. Cerchiamo senza esito un organetto, sono tutti ancora a Viggiano. Intorno alle 2:00 risaliamo in cima. Da non credere: siamo i più veloci, andiamo al doppio della velocità di tutti gli altri che arrancano tra le pietre del percorso. Penso che la forza arrivi grazie alla consapevolezza dell'impresa fatta. Dopo quasi 30km e 1000 metri di dislivello nelle gambe cosa vuoi che sia questa salitina (che salitina proprio non è!)?
Arriva anche per gli irriducibili il momento di aprire il sacco a pelo. Qualcuno si mette all'aperto, a terra. Uno apre la tenda, gli altri cercano un posto dentro la stanza invasa dai pellegrini.
Nemmeno il tempo di prendere sonno che arrivano gli organetti! Gli stessi invocati e cercati per tutta la sera arrivano proprio quando abbiamo tirato i remi in barca. Sono le 3:00. Loro non sanno quello che abbiamo fatto e si catapultano nella stanza a suon di tarantelle e pastorali con organetti e zampogne e ciaramelle. Non si dorme più. E' appena iniziata la festa.
E lui è uno dei suonatori più bravi mai ascoltati! (foto Caterina Dentato)
Il freddo è notevole e giriamo come i fantasmi con le coperte addosso in attesa dell'inizio della processione. (foto Caterina Dentnato)
Il sole spunta finalmente e ci regala un fotografia difficile da dimenticare. (foto Francesco D'Andrea)
Lo invochiamo perchè salga in fretta e venga a riscaldarci. In realtà ci riscaldiamo subito per stare dietro la statua che veloce inizia la discesa verso Viggiano.
L'anno scorso mi venne a svegliare il custode dentro la stanza dei pellegrini. Non era rimasto più nessuno. Stavolta mi riservo uno spazio. Per rimanere solo, l'ultimo, a lasciare il santuario.
Per noi sono altri 12 km da aggiungere ai circa 30 fatti qualche ora prima. La discesa ci sembra peggio della salita. (foto Francesco D'Andrea)
Ogni passo le cosce si contraggono. Il dolore diventa quasi piacevole e invochiamo la pianura. Gli organetti, con le zampogne e le ciaramelle suonano (foto Francesco D'Andrea)
e i cinti ballano. (foto Caterina Dentnato)
C'è gente da tutto il sud Italia. Ci sono i fedeli delle altre madonne pellegrine che vengono a rendere omaggio alla Patrona della Basilicata. L'applauso che segue gli “Evviva Maria” mette i brividi. La discesa è anche il momento del silenzio. Si cammina da soli per pensare.
Io da quando sono partito ho in testa le immagini di un'amica che qualche settimana fa ha deciso di togliersi la vita. Me l'hanno detto qualche ora prima di iniziare il cammino. Mi ricordo esattamente cosa mi disse l'ultima volta che ci siamo visti: eravamo in un locale di Torino, avevo una mano piena di sangue e tanta voglia di ballare. Ancora non ho deciso di seguire il suo consiglio. Dedico il mio pellegrinaggio a lei, a Paola.
Lungo il percorso incontriamo tante facce conosciute, ognuno ha il suo modo di vivere la tradizione.
C'è chi sale in vetta, chi aspetta la processione al Mulino, chi gli va incontro da Viggiano. Noi siamo in trance, la fatica è diventata l'energia per andare avanti. Ci perdiamo tra i suoni dei musicisti spontanei.
Ci ritroviamo a messa finita, dentro un autobus che va spedito verso Sasso. Prima di salire a bordo ho il tempo di scattare questa foto
eccoli, sono i poteri forti della Basilicata, ci sono tutti, tutti con la testa abbassata davanti alla Madonna Nera. Questo è un miracolo perchè la Madonna Nera è tutta la Basilicata!
Quando ci salutiamo avverto un'emozione forte: mi mancherà il gruppo. Il punto di partenza mi fa uno strano effetto. Si sprecano le battute: <<bè, e ora ripartiamo!>>.
Sarebbe stato bello continuare a camminare con loro, tanto ormai abbiamo scoperto che nei posti, anche lontani, a piedi si arriva. Passo dopo passo si arriva. Ovunque.
Si ringrazia la Protezione Civile per la disponibilità.