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Il Vangelo secondo Matteo. Il film di un poeta

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Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini, il Vangelo secondo Matteo, mostra i momenti salienti della vita di Gesù: l'annunciazione, la natività, i Magi, la fuga in Egitto, la strage degli Innocenti, Gesù nel deserto, il discorso della montagna, la morte di Giovanni Battista, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, l'ingresso in Gerusalemme, fino ad arrivare alla morte e alla resurrezione

Si tratta di una riproposizione fedele del testo originale. Non vi sono cambiamenti nella storia, né variazioni anche testuali apportati dal regista alla versione di San Matteo

Il film esce nel 1964 e, nel 1963, proprio su richiesta del produttore Alfredo Bini, Pasolini, si reca in Palestina con l’intenzione non solo di visitare ma di riprendere i luoghi originari della narrazione evangelica. Seppur toccato da quei posti spiritualmente densi e pieni di contrasti imprevisti ne rimane  deluso, tra le macerie di una storia inconclusa e sfigurata.

E’ dunque nell’Italia del Sud che il poeta decide di ricostruire i luoghi del Vangelo. Lazio, Puglia e Calabria diventano i luoghi della Galilea così come era duemila anni prima e la Terrasanta viene"ricostruita" in Basilicata, tra la  desolante e al contempo affascinante nudità dei sassi di Matera. Un teatro naturale e autentico quello dei sassi, dove la modernità non è passata e dove Pasolini mette in scena un Gesù più umano che divino, un Cristo dalla parte della gente, un uomo in mezzo agli uomini. Non un attore di fama, ma uno studente di soli 19 anni,  Enrique Irazoqui , dal volto duro e severo ne è l'interprete. A lui, conosciuto da Pasolini quasi per caso, lo scorso giugno la città di Matera ha conferito la cittadinanza onoraria.

L’intero cast fatto di attori non professionisti rompe lo schema classico del film rivolto al grande pubblico, quello cosiddetto popolare,  in favore di un autore-regista che diventa protagonista, proprio come nella poesia. Il ritmo è brusco ed intenso, le musiche sono eterogenee e vanno da Mozart e Bach a Prokofiev e Webern. Lo stile è caratterizzato interamente da primissimi piani, sequenze silenziose, brevi battute e poche parole, quelle del Vangelo. Un silenzio che parla, un silenzio espressivo, plastico, poetico.

E’ dunque il film di un poeta, dove traspare una profonda umanità ed una straordinaria capacità nel raccontare una storia eterna in maniera assolutamente vicina a tutti noi.

Pasolini ci rivela indirettamente anche la sua vocazione, quella di un uomo alla ricerca delle radici religiose del suo laicismo, di un regista alla ricerca di un film. Ma è proprio dalla tensione tra due opposte dimensioni, quella laica del soggetto e quella religiosa dell’oggetto, che nasce un equilibrio formale straordinario capace di rendere il film unico e di raggiungere momenti di sublime misticismo e di altissima poesia.

Ma perché un marxista parla del cristianesimo? Perché Pasolini sceglie di girare proprio “Il Vangelo secondo Matteo”?

Molte furono le polemiche che il film suscitò, ma lasciamo che Pasolini si spieghi attraverso una serie di sue citazioni tratte da “ Saggi sulla politica e la società”:

Sono un marxista che sceglie soggetti religiosi. Questa è bella! Esiste adesso anche un monopolio sulla religione? Ecco la conclusione di quarant’anni di orrenda propaganda e di maccartismo! Molti degli uomini più profondamente religiosi di questo secolo sono comunisti. […] S’intende che quando dico religioso non intendo dire credente in una religione confessionale; (p. 866)

Sono passati quasi cinquant’ anni dall’uscita del film, tuttavia rimane un capolavoro cinematografico che mantiene ancora oggi la sua potenza espressiva e comunicativa.
Un film da vedere.
Meritatissimo il premio speciale della giuria alla XXV Mostra di Venezia.

di Mariapina Fortuna

 

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