Qui un tempo vi dimorava la civiltà contadina dedita alla lavorazione dell’uva. La parola Palmento deriva dal latino “paumentum”, ossia l'atto del pigiare e del battere.
Queste costruzioni a forma di grotta ospitavano al loro interno delle grosse vasche di tufo dove, dopo la pigiatura dell’uva, veniva riposto il mosto e si dava inizio alla fase della fermentazione. Le vasche erano generalmente due o quattro ed erano differenti per vino rosso e vino bianco. Ogni cavità rupestre era inoltre caratterizzata da una feritoia in cima alla porta per consentire la fuoriuscita del gas velenoso che veniva generato in fase di fermentazione.
Caratteristico e unico nel suo genere, il parco dei palmenti di Pietragalla si presenta come un raggruppamento di circa duecento grotte dislocate armonicamente su diverse quote. Un’area di quasi due ettari, dove i palmenti sono stati utilizzati dagli abitanti di Pietragalla fino agli anni sessanta per la fermentazione dell'uva.
Realizzate con materiali poveri presenti allora nell’ambiente circostante, queste strutture rurali furono costruite dai francesi della Provenza, dove esistono costruzioni similari, durante la loro occupazione della Puglia e degli Abruzzi dal 1528 al 1798, cioè quando fu proclamata la Repubblica Partenopea e la distruzione della flotta francese da parte di Nelson.
Visitare i palmenti di Pietragalla vuol dire, non solo ammirarne la particolare architettura, ma rivivere con meraviglia l’antica tradizione contadina della comunità locale.
di Mariapina Fortuna